Un giorno triste per lo sport. Un’intera squadra di hockey su ghiaccio è rimasta uccisa ieri in un incidente aereo avvenuto poco dopo il decollo nella cittá russa di Yaroslavl, 200 km a nord-est di Mosca. Il Lokomotiv Yaroslavl, team di serie A russo che militava nella nota Kontinental hockey league (KHL), si stava recando nella capitale bielorussa, Minsk, per la partita d’esordio del campionato. Il Lokomotiv era arrivato terzo nella scorsa stagione, e negli ultimi quindici anni aveva vinto per tre volte il titolo. Nelle sue fila militavano giocatori della Federazione Russa, oltre ad alcuni stranieri. Una tragedia collettiva, nazionale, che a noi italiani fa ricordare la tragedia di Superga dove la squadra del grande Torino rimase vittima di un incidente aereo nel 1949.
Tra i ragazzi stranieri vi era anche Pavol Demitra, 36 anni, leggenda vivente dell’hockey slovacco, conosciuto per il suo numero di maglia storico, il 38, lo stesso che aveva usato anche nella prestigiosa (e ricca) lega nordamericana NHL. Demitra era capitano della nazionale slovacca, fino allo scorso 9 maggio quando ha dato l’addio alla squadra e ai fans in un tripudio di emozioni e lacrime (sue e dei tanti tifosi e amici) alla fine della partita che ha visto la Slovacchia uscire ingloriosa nella seconda fase finale del Campionato del Mondo 2011. Allora Demitra aveva rinunciato alla maglia nazionale, ma ancora aveva qualche cartuccia da sparare per il team nel quale sperava di fare una seconda carriera e in cui militava appena dal 2010, il Lokomotiv Yaroslavl, dove era arrivato dopo un lungo percorso sportivo speso in gran parte negli Stati Uniti.
Nato a Dubnica nad Vahom (vicino a Trencin) il 29 novembre 1974, il padre lo spinge a praticare il calcio fino ai 15 anni, quando il piccolo Pavol fece la sua scelta tornando al suo primo amore, l’hockey su ghiaccio, che in effetti in Slovacchia compete con il calcio forse alla pari.
Bronzo con la Cecoslovacchia al Campionato del Mondo del 1993, bronzo anche con la Slovacchia nel 2003, Demitra è stato per due decenni una colonna insostituibile, partecipando a sei Campionati del Mondo e 3 Olimpiadi, della squadra nazionale slovacca. A Vancouver 2010 è stato top scorer con 10 punti e un grande protagonista nella cavalcata della sua nazionale dove la Slovacchia sfiora una storica medaglia ed arriva quarta.
Sedici stagioni consecutive in NHL (dal 1993 quando aveva appena 19 anni fino al 2009) sono il bel passaporto di questo ragazzo, che sarà ricordato per le sue grandi qualità umane da tutti coloro che lo hanno conosciuto. Ottawa Senators, St. Louis Blues, Los Angeles Kings, Minnesota Wild e Vancouver Canucks sono le squadre dove Demitra si è fatto le ossa e una carriera riconosciuta, dove ancora lo ricordano per le oltre 300 segnature, il premio Lady Byng Trophy per la sportività assegnatogli nel 2000 e le tre selezioni nella NHL All Stars.
L’aereo di linea russo Yak-42 si è imbardato spezzandosi in due tronconi a margine della pista di decollo e incendiandosi, mentre la prua affondava dentro il fiume Volga. Erano le 4 di ieri pomeriggio. I morti sono 43, e ci sarebbero anche due sopravvissuti, in condizioni critiche: l’attaccante del Lokomotiv Alexander Golimov di 26 anni e un membro dell’equipaggio. Il Presidente russo, Dmitri Medvedev, si è diretto questa mattina a Yaroslavl decidendo di recarsi di persona sul luogo della tragedia, dove stamane è stata ritrovata una delle due scatole nere. La federazione russa ha deciso ovviamente di sospendere l’inizio del campionato. Oltre ai russi e a Demitra, sono morti anche un olimpionico svedese, tre giocatori cechi e il tecnico americano.
Tra le qualità di Pavol Demitra c’era anche la sua sensibilità e simpatia. «La gente era attratta da Demo. Era un grande amico e grande compagno di squadra», ha detto ieri Matt Keator, suo agente. «Era il tipo che univa le persone. Era un ragazzo così popolare tra tutti quelli con cui ha mai giocato…».
Demitra lascia la moglie Maja e i due figli Lucas e Zara. Verrà sempre ricordato in patria come uno dei migliori giocatori slovacchi di sempre.
(Pierluigi Solieri)