Bratislava ha celebrato la prima incoronazione di un sovrano asburgico

Ogni anno per una settimana Bratislava, l’antica Pressburg (Pozsony in ungherese), rivive i fasti dell’epoca imperiale asburgica, quando divenne la capitale del regno d’Ungheria.

Correva l’anno 1536 e i Turchi ottomani, guidati da Solimano il Magnifico, avevano già sconfitto nella battaglia di Mohács (1526) il sovrano d’Ungheria e Boemia Luigi II, che cadde durante i combattimenti.


Il corteo reale al Castello di Bratislava

Nel 1541 sarebbero penetrati nel territorio ungherese occupando la capitale Buda. Anche Pozsony fu attaccata, ma gli Ottomani non riuscirono a conquistarla.

Bratislava divenne così la nuova capitale, sede del re d’Ungheria, dell’arcivescovo di Strigonio (Esztergom) e della nobiltà, centro della vita politica e luogo consacrato all’incoronazione dei monarchi della casa d’Asburgo.


Il corteo si avvia verso la Città Vecchia dove avverrà l’incoronazione.

Per quasi tre secoli, dal 1536 al 1830, undici re e regine furono incoronati nella cattedrale di San Martino, compresa Maria Teresa, la prima imperatrice della dinastia asburgica, nonché promotrice di importanti riforme “illuminate”.

L’edizione di quest’anno delle “Giornate dell’incoronazione” ha voluto rievocare la prima incoronazione, ovvero la solenne cerimonia durante la quale, l’8 settembre 1563, Massimiliano II d’Asburgo fu incoronato re d’Ungheria a Bratislava dall’arcivescovo di Esztergom, Nicolaus Olahus, un anno prima di ricevere la corona del Sacro Romano Impero.

Massimiliano fu un sovrano in perenne conflitto con i Turchi, incline alle idee protestanti e favorevole ai progetti dei principi tedeschi – e per questo fonte di preoccupazione per il papato e per la famiglia stessa degli Asburgo, ma poi decisamente impegnato nella difesa del cattolicesimo.

Fu anche un sovrano umanista, appassionato cultore di varie discipline, comprese le dottrine occultiste. Nella sua corte accolse numerosi studiosi provenienti dalla Germania, dai Paesi Bassi, dalla Spagna e dall’Italia e profuse grande impegno nella ricerca di libri e manoscritti antichi, che oggi fanno parte della collezione della Biblioteca Nazionale austriaca. Amava la musica e il teatro e prediligeva gli artisti italiani, artefici della grande stagione rinascimentale.


L’ingresso del corteo reale in città, dalla Porta di San Michele

Il corteo che ha rievocato l’incoronazione di Massimiliano II d’Asburgo è partito dal piazzale del castello, la residenza dei sovrani ungheresi che in una delle sue torri custodiva i gioielli della corona.

Si è successivamente snodato lungo le vie del centro storico, tra tamburi battenti e grida dei soldati. Due ali di folla hanno accolto con entusiasmo decine e decine di figuranti a piedi e a cavallo, sotto un cielo plumbeo e forse proprio per questo ancora più suggestivo.

 

Per circa due ore dame e cavalieri, soldati e alti prelati hanno percorso le vie ciottolate dell’antica Pressburg, sfoggiando abiti in preziosi broccati e velluti, acconciature e armature del glorioso passato cittadino. Mentre compite e raffinate nobildonne dispensavano sorrisi alla folla sventolando fazzolettini ricamati, gli aristocratici e gli uomini d’arme inneggiavano alla grandezza e alla potenza del regno d’Ungheria.


Massimiliano II d’Asburgo. Sotto, la sovrana

Accurato nella sua ricostruzione storica, il corteo si è concluso nella piazza principale della città, a pochi passi dai luoghi simbolo dell’incoronazione dei sovrani asburgici: la Cattedrale di San Martino, dove si svolgeva la cerimonia dell’investitura regale, la gotica Chiesa dei Francescani, che accoglieva i re per il conferimento della dignità cavalleresca dello Speron d’Oro, e le mura cittadine, di fronte alle quali il re giurava solennemente di rispettare i privilegi nobiliari.

Per tre secoli, la cerimonia era solita concludersi con un atto di grande valore simbolico: dopo essere salito sulla “collina dell’incoronazione”, il sovrano faceva volteggiare la spada in tutte le direzioni, segno della sua promessa solenne di proteggere il popolo e il territorio dai nemici.

(Paola Ferraris)