Bratislava era un centro multietnico, multiculturale, multilingue e multireligioso, ove coabitavano diverse anime culturali una accanto all’altra – ungherese, tedesca, yiddish, slovacca e ceca – rappresentate dalle rispettive comunita’ e lingue, e ove la religione cristiana era praticata accanto all’ebraismo. I tre nomi della citta’, del resto, la dicono lunga sulla varietà culturale delle sue origini: Bratislava – Pozsony – Pressburg (slava, magiara, tedesca).
In questo rispetto, il XX secolo con le sue due guerre mondiali ha incarnato la fine di questo melting pot, con la cancellazione non solo di diverse comunità, ma anche fisicamente con la rimozione di alcuni luoghi simbolici, come la sinagoga e una parte del ghetto ebraico negli anni ’60, il che ha portato alla cancellazione della memoria dei suoi cittadini. Gli immigrati da altre città slovacche che hanno ripopolato la città nel secolo scorso, e i lavoratori che dalle campagne venivano a cercare un’impiego nelle fabbriche, non hanno tramandato i ricordi della tradizione europea della città.
Da qui l’iniziativa denominata “Stratene mesto”, (in inglese “Lost City”, città perduta), sostenuto da diversi enti locali e promosso dall’Ambasciata d’Israele, che punta a tenere viva la memoria di quella che era l’attuale capitale slovacca all’inizio del Novecento, non dimenticando pertanto la folta comunità ebraica che vi abitava. Bratislava è del resto conosciuta nel mondo ebraico come la città di Chatam Sofer, il rabbino più noto del suo tempo, alla cui tomba vengono in visita ebrei da tutto il mondo.
Viene ora pubblicata una “Guida alla memoria storica” a firma Zuzana Sevcikova, in quattro lingue (slovacco, inglese, tedesco e ungherese), che riporta il confronto tra la città di oggi e quella di allora, e riempie di dati e notizie la curiosità di chi ne vuole sapere di più. Il libro, 320 pagine, edizioni Archa, è in vendita nelle maggiori librerie.
(Buongiorno Slovacchia)
Foto BSK-Regione di Bratislava